Ecco come la Camera dei Deputati usa l’Intelligenza Artificiale per rendere più trasparente il lavoro dei parlamentari e avvicinare i cittadini alle istituzioni.

La Camera dei Deputati si prepara a una piccola-grande rivoluzione digitale con un progetto sperimentale che integra l’Intelligenza Artificiale generativa nelle attività parlamentari. Dopo il lancio di una manifestazione di interesse alla quale hanno risposto 28 realtà tra università, centri di ricerca e giovani talenti, sono stati selezionati tre progetti sulla base dei quali sono stati sviluppati altrettanti prototipi da sviluppare insieme all’amministrazione di Montecitorio.

Il primo è uno strumento interno per migliorare la redazione dei dossier parlamentari; il secondo aiuterà i deputati nella scrittura di emendamenti, snellendo la complicata ricerca normativa. Mentre il terzo prototipo è un chatbot rivolto ai cittadini, che sfrutta solo dati ufficiali della Camera per offrire un modo semplice e immediato di monitorare il lavoro dei deputati, dalle votazioni alle posizioni pubbliche, aumentando la trasparenza e la partecipazione democratica.

Ne abbiamo parlato con la vicepresidente della Camera Anna Ascani, deputata PD e Presidente del Comitato di vigilanza sull’attività di documentazione che ha promosso la sperimentazione AI alla Camera.

Intervista ad Anna Ascani, vicepresidente della Camera dei Deputati

Vicepresidente Ascani, che cosa vi ha colpito di più delle proposte selezionate?
«Abbiamo lavorato per un anno insieme a docenti, centri di ricerca e ai progetti vincitori. La cosa che mi ha colpito di più è sicuramente la voglia autentica di tutti di contribuire a un processo di innovazione delle istituzioni, di far fare un salto di qualità alla nostra democrazia. E poi il livello straordinario dei nostri ricercatori e dei nostri docenti, sia umano che scientifico».

Ci può spiegare meglio come funzionano questi tre strumenti?
«Sono tre strumenti potenziati da un algoritmo addestrato su documenti ufficiali. Il primo è rivolto alla nostra amministrazione e servirà a supportare, già dall’anno prossimo, l’osservatorio sulla legislazione, per redigere, congiuntamente da amministrazione e intelligenza artificiale generativa, il Rapporto annuale sulla legislazione. Il secondo strumento è quello per la scrittura degli emendamenti, che sarà nelle mani dei gruppi parlamentari e deputati. Su questo, il lavoro pratico aiuterà a perfezionare il modello e adattarlo alle esigenze reali dei colleghi. Oggi, quando i parlamentari scrivono leggi o emendamenti, sono costretti a lunghe operazioni di ricerca: spesso, per mettere mano a leggi esistenti o scriverne di nuove, bisogna tornare indietro di decenni per trovare il punto esatto della normativa vigente su cui intervenire. Con l’implementazione dell’intelligenza artificiale, ad esempio, questa operazione dovrebbe velocizzarsi non poco.

E poi il terzo chatbot, rivolto ai cittadini. Come funziona?
«Quello più delicato. Qui è necessario un livello altissimo di attenzione, perché le cosiddette allucinazioni delle AI (ovvero errori o risposte fuorvianti) sono un limite noto e non vogliamo che questi errori compromettano il rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni. Per questo la community di supporto svolge un ruolo fondamentale. Gruppi di lavoro, solo qualche giorno fa, hanno fatto dei veri e propri stress test rispetto a questi prototipi e continueremo in questa direzione».

Crede, con questo strumento, si possa davvero ridurre la distanza – spesso percepita come abissale – tra istituzioni e opinione pubblica?
«È quello che vogliamo. Lo strumento dovrà essere affidabile al 100% e rispondere solo attingendo da banche dati certificate della Camera dei Deputati, non da fonti esterne. L’idea è che ogni cittadino possa facilmente consultare dal sito della Camera tutte le informazioni sulle posizioni, i voti, le iniziative del deputato di riferimento, senza navigare in siti complicati o avere a che fare con informazioni non verificate. Mi auguro che questo renda più semplice e trasparente il rapporto tra eletti ed elettori, rafforzando la fiducia nel Parlamento».

Per quanto riguarda il progetto dedicato ai deputati promette di agevolare la scrittura di emendamenti: come si garantisce che questi strumenti restino un supporto tecnico e non influenzino, anche indirettamente, le scelte politiche o il merito dei contenuti?
«È una domanda più che giusta. Noi immaginiamo l’intelligenza artificiale generativa come un’intelligenza aumentata: serve a potenziare le capacità umane, in questo caso quelle dei deputati. La macchina non può e non deve suggerire interventi di tipo politico, ma solo aiutare a rendere concreta e più efficace l’iniziativa del legislatore. Il curpus normativo italiano è estremamente complesso e talvolta contraddittorio, quindi uno strumento che faciliti la scrittura delle leggi è molto utile. Avere un’intelligenza artificiale che ci aiuta a scrivere meglio le leggi è un obiettivo importante, fermo restando che il legislatore non è un robot ma è l’uomo o la donna eletto dai cittadini per fare questo mestiere e la decisione politica spetta alle persone e non agli algoritmi».

Il coinvolgimento di figure come il Premio Nobel Giorgio Parisi in seminari pubblici è un segnale importante. Quanto conta far dialogare scienza e politica in un momento in cui l’IA rischia di diventare terreno di paura o strumentalizzazione?
«Il lavoro è stato fin dall’inizio aperto al mondo accademico e alle migliori intelligenze italiane. Il professor Parisi è uno dei nostri orgogli nazionali e la sua lectio (tenuta qualche giorno fa) è stata straordinaria: ha parlato dei rischi di standardizzazione delle risposte, ma anche delle grandi opportunità di un uso serio e responsabile delle tecnologie di AI. Il confronto con queste personalità è essenziale: non abbiamo mai pensato di poter fare da soli. E questa è la forza dell’esperimento: è un progetto collettivo con le migliori intelligenze del Paese».

Quale sarà, secondo lei, il prossimo passo chiave da affrontare sull’AI sul piano normativo?
«Credo che la normativa sulla propaganda elettorale vada aggiornata e vada modificata al più presto. Per mantenere salda la democrazia, l’urgenza è limitare l’uso delle tecnologie di AI generativa per influenzare gli esiti elettorali. È già successo e può succedere facilmente che si diffondano video falsi, deepfake e in generale messaggi manipolativi su leader politici. Questo in ambito italiano. In ambito europeo penso che l‘AI Act sia stata una ottima risposta alla necessità di regolamentare un tema così complesso, ma credo anche che l’Europa abbia urgente bisogno di giocare anche un ruolo da protagonista nell’innovazione. Non possiamo limitarci a regolamentare innovazioni che vengono prodotte altrove. Dobbiamo mettere in campo una mole di investimenti sufficiente per poter giocare direttamente la partita, ovvero avere un cloud e un LLM europei. Altrimenti la nostra scelta finirà per essere soltanto di quale grande impero vogliamo essere colonie e credo che sia come europei che come italiani ci meritiamo molto più di questo».

L’intervista è stata pubblicata su Vanity Fair.

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