La fine del XIX secolo esattamente come il giro di boa del primo quarto del XXI secolo. Ora come allora, il cambiamento di un’epoca ci direbbe Papa Francesco. La rivoluzione industriale, alle soglie del ‘900, smantellava modi di produzione, plasmava la società, scriveva le prime pagine del conflitto tra capitalismo e mondo del lavoro, si faceva largo creando disparità e insopportabili ingiustizie.
Con Leone XIII la Chiesa, esperta di umanità, ruppe il silenzio e attraverso le parole della Rerum Novarum affrontò l’esplosione della questione sociale indicando nella dignità del lavoro, nella giustizia e nella solidarietà le chiavi per battere “l’orgoglio e l’egoismo del secolo”. “Ciascuno – ammoniva il Papa – faccia la parte che gli spetta e non indugi perché il ritardo potrebbe rendere più difficile la cura di un male tanto grave”.
Di fronte a stravolgimenti che rischiavano di minare la tenuta sociale e di comprimere i diritti, soprattutto dei più fragili, la via proposta da Leone XIII era quella della carità.
Leone XIV, fin dalla scelta del nome, come egli stesso ha spiegato, avverte che la Chiesa vuole porsi con lo stesso obiettivo di promuovere un ordine sociale giusto e con il medesimo spirito, che è quello della carità, appunto.
A pochi giorni dall’elezione, parlando al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, come dire davanti a tutte le Nazioni, Papa Prevost ha dichiarato che la Chiesa “nel cambiamento d’epoca che stiamo vivendo” farà sentire la propria voce “dinanzi ai numerosi squilibri e alle ingiustizie che conducono, tra l’altro, a condizioni indegne di lavoro e a società sempre più frammentate e conflittuali”.
La nuova rivoluzione industriale è la rivoluzione digitale che oggi ha il volto e il peso dell’intelligenza artificiale che, è ancora Leone XIV a parlare, “comporta nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro”.
E quindi – torno a citarlo – “è l’ora dell’amore”. Anche quando parliamo di semiconduttori o algoritmi.
L’intelligenza artificiale è un’opportunità. Uno strumento che può “moltiplicare” sia le occasioni di giustizia e sviluppo del benessere sia le diseguaglianze e le situazioni di sfruttamento. E vengono i brividi dinanzi a un orizzonte del genere se pensiamo che già oggi l’1% più ricco del pianeta possiede il 45% della ricchezza totale.
Ma perché sia un’innovazione a beneficio della collettività richiede interventi da parte della politica improntati ai valori democratici, che costituiscono il DNA europeo. Inclusività, accessibilità e rispetto dei diritti di tutte e tutti.
Per guardare con fiducia e speranza agli effetti dell’intelligenza artificiale sul futuro dell’umanità, ricordava Francesco al G7, è fondamentale “la sana politica”. Che prenda la guida, che allontani il rischio del “paradigma tecnocratico”, che combatta con coraggio e lungimiranza quelle concentrazioni di interessi economici e politici nelle mani di pochi multimiliardari convinti di “avere le carte in mano” a differenza del resto del mondo.
La politica dunque, a ogni livello, deve darsi da fare animata dal desiderio di giustizia e dalla consapevolezza che ogni contributo è necessario.
Questa è l’idea che muove il Comitato di vigilanza sull’attività di documentazione della Camera, che ho l’onore di presiedere. Abbiamo avviato una sperimentazione per l’utilizzo dell’IA generativa all’interno dell’istituzione e a breve ospiteremo un ciclo di conferenze aperte al pubblico per continuare a indagare gli effetti della rivoluzione in corso e costruire anzitutto un pensiero che ci renda capaci di governarla per il bene dell’umanità, per il suo sviluppo nella pace, nella giustizia e nella verità.
L’articolo “C’è la via della solidarietà per l’era degli algoritmi. Innovazione sì, ma a beneficio di tutta la collettività” è stato pubblicato su Avvenire.
