A Luigi Berlinguer l’Italia deve molto. È stato docente, giurista, parlamentare italiano ed europeo, ministro. Ma, io credo, soprattutto un faro nel suo amore per la scuola e in questo senso un vero maestro per diverse generazioni. Nel 2019 venne a trovarmi al Miur, nella mia prima esperienza di governo, e fu l’occasione per parlare della sua grande passione di quella fase, ovvero il ruolo della musica nella scuola, ma anche per ricapitolare difficoltà, sfide, fallimenti e successi di una vita dedicata alla scuola e alla formazione. Nel racconto non lasciava mai che l’amarezza prevalesse sulla speranza; impressionanti la sua lucidità e la sua visione, tipiche di chi ha un’idea chiara del potere di emancipazione dell’istruzione e della responsabilità che, di conseguenza, porta sulle spalle chi la governa.

Ha fatto molto per il nostro sistema scolastico, come con la legge sulla parità scolastica, che ha sancito la piena attuazione del dettato costituzionale sulla libertà di insegnamento e di scelta educativa, vincendo anche qualche resistenza verso la scuola paritaria nel suo schieramento. Ha posto le basi dell’autonomia scolastica e della valutazione di sistema, ampliato l’obbligo scolastico, riformato l’esame di Stato, tenendo finalmente conto del percorso degli studenti. Ha scritto un’incompiuta riforma dei cicli che, se attuata, avrebbe reso la scuola italiana molto più avanzata e giusta, intuendo già più di vent’anni fa la grande questione legata alla “scuola media”.

L’istruzione come principale strumento di libertà e giustizia, diritto fondamentale da garantire a tutti in una società realmente democratica: questo il suo obiettivo e il suo insegnamento più prezioso. Ministro della Pubblica Istruzione negli anni che chiudevano il ‘900, quando in Europa si approvava la strategia di Lisbona, si è adoperato perché i principi cardine della “società della conoscenza” trovassero sempre più corrispondenza nella realtà dell’organizzazione scolastica. Come pure si è dedicato con passione alla promozione della ricerca, altra via indispensabile per guardare al futuro con fiducia, con impegno, con quell’amore per la conoscenza e il sapere che fanno una società più ricca e più consapevole delle proprie responsabilità: principio quanto mai attuale in questa stagione di travolgenti innovazioni.

Una scuola che funziona cioè che raggiunge tutti, che valorizza le differenze nei talenti senza essere mai classista, che diffonde conoscenza e strumenti per apprendere, che vive la contemporaneità senza paure e resistenze, che sa motivare e perfino entusiasmare insegnanti e studenti, che non teme la sfida dell’innovazione: ecco la scuola che rende un Paese più forte e saldo. E soprattutto che riesce a garantire libertà e giustizia. Non possono esserci pienamente né l’una né l’altra se l’istruzione si ferma a chi ce la fa e rinuncia ad andare a cercare chi per ragioni sociali, economiche e di contesto se ne allontana. Gli alti tassi di abbandono scolastico sono ancora una ferita nella nostra capacità di essere comunità solidale.

Luigi Berlinguer ci lascia, all’interno di un’eredità fatta di passione civile e costante impegno politico, lo stimolo ad agire affinché il diritto all’istruzione – condizione inaggirabile per parlare di giustizia sociale – sia un obiettivo prioritario, da perseguire senza mai rassegnarsi. Ci ha detto, e continuerà a dirci nel ricordo, che senza una scuola buona, cioè giusta, non può esserci una società buona, cioè giusta.