di Gianna Fragonara, Corriere della Sera, 19/06/2020

Abbiamo ripartito i fondi per l’infanzia: così si salveranno le strutture in difficoltà. Solo il 20 per cento delle scuole superiori non ha gli spazi: interverremo

«I fondi per le scuole dell’infanzia e gli asili nido ci sono e d’intesa con le regioni abbiamo approvato anche la suddivisione tra le aree del Paese: l’anno scorso l’avevamo fatto a dicembre, quest’anno arriviamo con sei mesi di anticipo. Potremo dare i fondi che servono per tempo, in modo che a settembre le famiglie possano trovare le strutture per i loro figli. Ci sono 15 milioni in più dello scorso anno e in gran parte andranno più fondi per le regioni che hanno meno asili»

Che sono quelle del Sud dove l’emergenza coronavirus ha avuto meno effetti.

«Si tratta di fondi di perequazione: avere più servizi educativi soprattutto al Sud, dove il problema dell’occupazione femminile è più drammatico, è un modo di riconoscere diritti ai più piccoli ma anche di affrontare l’emergenza, non dal punto di vista sanitario ma da quello del lavoro».
La viceministra dell’Istruzione Anna Ascani, Pd, è reduce dalla conferenza unificata Stato Regioni che ha dato l’ok ai 264 milioni per le strutture 0-6. Ma intanto anche dal suo partito arrivano critiche all’operato della ministra dell’Istruzione in questa emergenza. Il sindaco di Milano Beppe Sala al Corriere ha spiegato che il ministero e il governo sono in ritardo. A partire dalla definizione della data di apertura delle scuole.

«Ha ragione Sala, che è un sindaco che apprezzo, a dire che non si possono aprire le scuole a metà settembre per poi chiuderle per il voto. Bisogna trovare una soluzione e individuare altri luoghi per votare, ma non dipende solo da questo ministero».

Sala dice anche che la ministra Azzolina, M5S, «non è abbastanza esperta per gestire una macchina complessa» come quella della scuola.

«Qui al ministero ognuno di noi dà il suo contributo e si riesce sempre a fare una sintesi: io sono abituata ad apprezzare la sintesi anche se è lontana da quello che avrei fatto io. Sala fa bene a stimolare il governo: ho sempre lavorato bene con i sindaci come lui. Sul governo però ho una percezione diversa, vivendolo dall’interno: non siamo in ritardo anche se non c’è altro tempo da perdere».

Avreste potuto essere più coraggiosi e aprire le scuole almeno per alcune classi o studenti più fragili?

«E’ facile parlare col senno di poi. Ci siamo ispirati al parere degli esperti e del comitato tecnico scientifico. Che sulla riapertura delle scuole è stato fortemente negativo».

Non era forse il caso di osare, come lei ha fatto sull’ultimo giorno di scuola: valutati i rischi esposti dal Cts, fare una scelta politica che tenesse in considerazione oltre che la salute anche il diritto allo studio e i danni sui bambini e sulle famiglie dovuti al prolungato lock down. Altri Paesi ci hanno provato.

«E’ difficile non tenere in considerazione il parere degli scienziati quando c’è una pandemia. A settembre si tornerà in presenza, in tutte le scuole».

A sentire i presidi non è così facile.

«Capisco le loro preoccupazioni. In queste settimane ho fatto incontri con tutte le regioni: dall’idea che mi sono fatta posso dire che le criticità sono residuali. E su queste interverremo: ma si tratta soprattutto di scuole superiori, non più di una su cinque ha problemi di spazi».

Mancano anche i professori.

«C’è un miliardo per assumere altri professori e personale Ata: ma prima dovremo capire bene di che cosa c’è bisogno. Il prossimo sarà comunque un anno particolare, questo non ce lo dobbiamo dimenticare».